Un trauma diretto e recente alla vertebra. I superperiti nominati dalla III Corte di Assise di Roma, che stanno valutando le cause della morte di Stefano Cucchi, si sono trovati davanti alla nuova “diagnosi”. La versione è quella del professor Gaetano Thiene, il luminare che ha dato una svolta al processo per la morte di Federico Aldrovandi e adesso è stato chiamato dalla famiglia Cucchi a pronunciarsi sui reperti. Nell’ultima riunione con i consulenti degli imputati e delle parti civili nessuno avrebbe contestato la teoria di Thiene, che potrebbe concretamente avere un ruolo nella relazione finale degli esperti, chiamati a stabilire cosa abbia ucciso Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre del 2009 e morto misteriosamente sei giorni dopo. Secondo il professore, la lesione di fibre muscolari della zona lombare, all’altezza della vertebra L3, “con infiltrato emorragico” proverebbe un trauma da colpo diretto (non da caduta) e soprattutto recente. Non si chiude, così, la battaglia su uno dei nodi della vicenda Cucchi. Per la morte del trentunenne romano, arrestato per droga e deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Fortini, sono dodici gli imputati tra guardie penitenziarie, medici e infermieri. Se davvero i periti accogliessero la lettura dei reperti di Thiene, ossia l’ipotesi dell’urto diretto alla vertebra, verrebbero ribaltati gli ultimi esami consegnati dalla procura ai giudici, che fanno riferimento a una lesione del 2003, come testimoniato dalla cartella clinica di un precedente ricovero del detenuto. “Purtroppo tra i documenti presentati dalla procura, manca proprio la lastra”, ha tagliato corto Fabio Anselmo, uno degli avvocati della famiglia Cucchi. “E comunque che senso ha parlare di una lesione su una vertebra integra o che era già stata lesionata in passato? Ci sono tutte le altre ecchimosi, al torace, alla schiena, alla mandibola. Quante volte Cucchi sarebbe caduto? Credo che l’ultima produzione del pm risolverà definitivamente il problema”. Intanto il processo slitterà ancora. I tempi della superperizia si allungano. E il 19 settembre il collegio peritale - formato da sei docenti universitari milanesi, i professori di medicina legale Marco Grandi e Cristina Cattaneo, dal cardiologo Giancarlo Marenzi, dal neurochirurgo Erik Sganzerla, dall’anestesista Gaetano Iapichino e dall’ urologo Luigi Barana - non potrà consegnare alla Corte la relazione. Solo nei giorni scorsi sono cominciate le tac dei frammenti lombari, seguite in prima persona dall’anatomopatologa forense Cristina Cattaneo, la scienziata delle ossa. Soltanto il primo di una serie di test, secondo indiscrezioni, che dimostrerebbe l’intenzione dei periti di ripartire da zero con l’esame dei reperti e della documentazione. Per l’avvocato Gaetano Scalise, legale del professore Aldo Fierro, primario del reparto di medicina protetta dell’ospedale Patini di Roma, uno dei medici sotto processo per il caso Cucchi, non ci sono dubbi. “La nuova documentazione consegnata dalla procura riaprirà la discussione in aula. Anche se noi restiamo convinti delle nostre conclusioni: la morte è stata causata da un problema cardiaco improvviso”. Ma, per l’avvocato Anselmo, la questione centrale resta quella della lesione sacrale, “mai messa in discussione”, dice, “e non della vertebra L3. Quel trauma, più grave degli altri, causato da un colpo diretto ha provocato la bradicardia e quindi la morte. La bradicardia di Stefano - sottolinea il legale - è un riflesso del ritmo giunzionale che ha mandato in tilt la centralina del cuore. Perché, in questi casi, il ritmo cardiaco rallenta sempre più e se non sopraggiunge, tempestivo, un intervento medico, il battito diminuisce fino a fermare il cuore”. Il processo vede imputati i medici Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti e Flaminia Bruno, gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe, e gli agenti della polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. A vario titolo, e a seconda delle posizioni, sono accusati di favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d’ufficio, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità. Per Ilaria Cucchi, la predisposizione della superperizia chiesta dalla Corte di Assise, e in quanto cruciale ancora in una fase delicata, proverebbe il fallimento dei consulenti della procura: “Quello che sta emergendo noi lo avevamo già detto un anno fa in udienza preliminare”. |