E’ il 24 Gennaio del 1999. Lo Stadio Alberto Picco, a La Spezia, è chiamato ad ospitare circa tremila sostenitori pisani. Troppi, per un settore ospiti posizionato in gradinata e a contatto con i locali. Le autorità decidono di sistemare i pisani nella Curva Nord, sede storica del tifo spezzino, relegando tra gradinata e tribuna i padroni di casa. D’altronde le squadre vivono momenti diversi, i bianconeri non se la passano bene, i neroazzurri, guidati in panchina da Francesco D’Arrigo, volano verso la promozione in C/1. Il corteo neroazzurro affronta il passaggio dalla stazione ferroviaria allo stadio senza alcuna difficoltà. Il clima fuori dallo stadio non si presenta particolarmente teso, nonostante una massiccia presenza di reparti mobili e ogni altro corpo militare e non; i precedenti inquietano, nelle due gare della stagione 1997/98 si sono registrati incidenti sia a Pisa che a La Spezia. La calma, però, è solo apparente e dura pochi minuti. Gli ultras di casa, nell’imminenza del fischio d’inizio, mettono in piedi una specie di assalto nei confronti della propria Curva, come a volersene riappropriare simbolicamente. Volano oggetti di ogni tipo e sassi. I pisani, in superiorità numerica schiacciante, rispondono al fuoco. Sono momenti di grandissima tensione, situazioni che non si sa che piega possano prendere, anche per la presenza dei reparti della Celere, imprevedibili nei modi e nei comportamenti. Le ostilità cessano d’improvviso con il fischio d’inizio della gara, ma solo per rivolgersi verso il campo di gioco. Gli ultras dello Spezia, in gradinata, distano pochissimi metri dalla linea laterale, e non ci sono barriere. Un guardalinee viene abbattuto dopo qualche minuto di tiro al bersaglio. Gara sospesa. E’ il caos più completo, e anche per i più “anziani”, per chi gira tutti gli stadi anno dopo anno, sono momenti in cui il cuore batte all’impazzata. Così è anche per Maurizio Alberti, tifosissimo neroazzurro, appartenente al gruppo Rangers 1979. Maurizio è ovunque giochi il Pisa, negli anni precedenti ha anche raggiunto l’Inghilterra, al seguito della squadra, pertanto figuriamoci se non si presenta a La Spezia per il derby, costi quel che costi. La sua posizione è defilata, rispetto agli eventi. Mau resta al centro della Curva, seduto sulla balaustra, con l’inseparabile tamburo davanti. E’ perfettamente lucido. Non partecipa al caos tra il settore laterale della Curva e la Gradinata spezzina. Ad un certo punto, uno dei suoi amici più cari sente il peso di Maurizio su di se. Pensa stia scherzando. Quando si sposta, per girarsi, Maurizio scivola a terra. E’ privo di conoscenza. Classico svenimento da Curva. Sole, qualche vizio, stanchezza. Non la pensano così gli amici più stretti, quelli del gruppo, che sono tutti lì attorno a lui. Sanno che Maurizio soffre di problemi cardiaci ed ha un bypass impiantato. Viene chiamata l’ambulanza. Nessun punto di soccorso è presente in Curva. L’ambulanza, senza medico a bordo, è parcheggiata fuori. I soccorritori fanno anche fatica a muoversi perché la polizia, dato lo stato di tensione estrema, controlla con apprensione le uscite. Portano via Maurizio. Un caro amico chiede di salire sull’ambulanza, parla con i soccorritori, e descrive le patologie di cui è a conoscenza. Ma il medico a bordo non c’è. Il referto parla chiaramente di “criticità media” e “perdita di conoscenza/svenimento”. Maurizio in realtà è in arresto cardiaco. Ma sull’ambulanza non c’è nessuno in grado di riconoscerlo. La superficialità della diagnosi è senz’altro influenzata dal pregiudizio: quale male potrà mai affliggere un ultras in trasferta dentro un settore ospiti, se non qualcosa correlato all’abuso di alcool o stupefacenti? Non viene somministrato ossigeno, tanto meno praticato un massaggio cardiaco, e questo si rivelerà decisivo per l’esito tragico della vicenda. I medici del Pronto Soccorso, una volta ricevuto e accolto il paziente, si accorgono subito che qualcosa non va. Lo rianimano ma Maurizio ormai è entrato in stato comatoso, a causa dei minuti su minuti passati in arresto cardiaco e senza afflusso di ossigeno al cervello. Allo stadio, intanto, la partita non riprende. I tifosi pisani sciamano alla Stazione e tornano a casa. Maurizio resta ricoverato all’ospedale di La Spezia. In pochi al momento conoscono la reale dinamica della vicenda ma come un tam tam la voce si diffonde e già in serata Pisa apprende la notizia. Da quella stessa notte è un viavai di persone da Pisa a La Spezia e ritorno. A parte i familiari, il padre, la madre, e la sorella, ci sono gli amici del gruppo, al capezzale, e quotidianamente si fanno tentativi per far uscire Maurizio dal coma, sia con audiocassette, su cui sono registrati cori della curva, sia con interventi fisici di tante persone che entrano nella sua stanza e provano a parlargli. Tra questi, alcuni giocatori e rappresentanti del Pisa Calcio. Ogni tentativo è vano. Dopo quindici giorni Maurizio, nel frattempo trasferito a Pisa, al Santa Chiara, si spegne. E’ il giorno 8 Febbraio. Immediatamente, al lutto di tutta la città si accompagna la rabbia per l’inefficienza dei soccorsi. La famiglia, appoggiata dalla Curva Nord, intraprende una battaglia per accertare la verità. Le evidenze sono schiaccianti, si raccolgono numerose testimonianze e queste vanno tutte in un senso: superficialità dei soccorritori, quando non pregiudizio, e alla base un sistema di prevenzione da quarto mondo, con migliaia di persone lasciate in balia di se stesse nei settori dello stadio meno “nobili”. La battaglia della famiglia e degli amici diventa la battaglia di tutto il mondo delle tifoserie. In tantissime, anche rivali, quando non nemiche, si presentano a Pisa con striscioni di solidarietà. Questo però non smuove istituzioni e “giustizia”: dopo un lungo e costoso iter processuale la conclusione è la solita italiana, “insufficienza di prove”. La fatica e gli sforzi, però, non sono vani. Nasce una inedita sensibilità sul tema del soccorso negli stadi. Posti di “primo soccorso” iniziano a sorgere nelle Curve e non solo in Tribuna Coperta, dove, come recitava una formula provocatoria della Nord ai tempi del processo, “ci si può permettere di avere un infarto”. Il tema diventa di dominio pubblico e rimbalza in tutte le piazze di Italia, al pari della repressione, del caro biglietti e di altro tematiche care al mondo degli ultras. Nell’amarezza per il mancato riconoscimento nei tribunali, rimane la soddisfazione per i risultati tangibili e concreti ottenuti dentro gli stadi e non solo a Pisa. Ma gli sforzi del gruppo Rangers e della Nord per ricordare Mau non si limitano alla battaglia giudiziaria. La Curva Nord viene intitolata a lui, e una targa, regalata dai ragazzi di Carrara, è affissa all’entrata del settore centrale della stessa. Nello stesso periodo, viene realizzato uno striscione con i colori di Pisa, la croce armena e i guerrieri della Repubblica pisana: sopra campeggia la scritta Mau Ovunque. Appeso in un primo momento sopra lo striscione del gruppo Rangers, viene poi spostato al centro della Nord rappresentandola nella sua interezza. La storia di Maurizio viene fatta propria da ogni tifoso, da ogni gruppo, e con approvazione unanime lo striscione bianco-rosso finisce per indentificare tutto il movimento ultras pisano. Girerà tutta l’Italia, al seguito del Pisa, come avrebbe fatto Maurizio. Tra le varie iniziative, al di là di quanto accade ad ogni triste ricorrenza della scomparsa, ricordata con striscioni e cori non solo dalla Curva ma da tutto lo Stadio, c’è il Trofeo Mau Ovunque, una manifestazione nata già nell’estate del 1999, al campo Abetone, e poi migrata subito sui terreni della Polisportiva Bellani. Le varie anime della Curva, in tre giorni all’insegna dell’amicizia e del ricordo, si sfidano a calcio in ricordo di Maurizio, con la presenza di calciatori, allenatori, vere o presunte personalità, tifoserie amiche. A Maurizio vengono inoltre dedicate tutta una serie di iniziative sociali e di intervento in situazioni limite, progetti in cui la Nord si spende cercando appoggio su altre realtà cittadine e coinvolgendo decine di ragazzi e ragazze. Il Chiapas, l’Uganda, la Palestina, la voglia di ricordare un amico aiutando gli altri non conosce confini e adesso, dopo iniziative di minore impatto, torna a coinvolgere Pisa con il progetto del Parco.
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