I tifosi sono una specie in via di estinzione, salvo alcuni bacini che resistono in virtù di un senso di appartenenza consolidato nel tempo grazie alla “grande storia del club”.
Stretti tra i divieti introdotti a suo tempo dalla maroniana Tessera e di recente dal Daspo societario connesso al Codice di Gradimento – ratificato dall’Osservatorio in accordo con Figc e Leghe (che poi fingono di farsi la guerra…) – hanno scelto in massa la via dell’indifferenza, del disincanto e della diserzione.
Si è voluto creare una razza geneticamente modificata di teleutenti da salotto, in nome del cosiddetto ordine pubblico, a scapito della natura nazional-popolare di uno sport reso bellissimo grazie alla partecipazione dal vivo agli eventi. L’obiettivo è stato centrato in pieno. A questo quadro di fondo si aggiunge in terza serie nazionale, ma da quest’anno anche in B, una serie di criticità economiche che hanno ricadute negative sui singoli club iscritti. Un flop sistemico che allontanerà a breve scadenza le società virtuose. La composizione dei gironi, che può condizionare l’esito di una stagione, è alla mercè di esclusioni e ripescaggi a raffica ormai intollerabili per quanti vogliano fare calcio in modo serio. Va osservato, infine, che la terza serie è una categoria sprovvista di visibilità a livello mediatico. I club, dunque, sono spesso in balia di avventurieri di ogni specie con annesso codazzo di millantatori. Un vero schifo. In questo pianeta sempre più kafkiano l’unico pilastro rimasto in piedi sono i tifosi che stentano, però, a capire dinamiche che li stanno trasformando in canne al vento. Il compito degli addetti ai lavori è informarli in modo martellante sullo stato delle cose, per renderli artefici di un cambiamento epocale che non può che partire dalla fondamenta. I tifosi vanno coinvolti perché sono il lato etico del calcio. La sola ancora di salvezza rimasta alla quale attaccarsi per sperare in un futuro sostenibile. |