Manganellate su padri e madri di famiglia, pesanti cariche sui dipendenti delle cooperative comunali che da settimane protestano per il rinnovo del contratto.
È cambiata la gestione dell’ordine pubblico a Cosenza. Sembrano trascorsi anni luce da quando in città le rivendicazioni dei senza-lavoro ed i conflitti sociali erano gestiti con equilibrio. La guida dell’ordine pubblico in piazza adesso è affidata a responsabili nuovi, perlopiù provenienti da Reggio Calabria. E gli effetti si vedono. Stamani all’arrivo del sindaco Mario Occhiuto che cercava di entrare nel suo ufficio, i circa 500 dipendenti delle cooperative che pretendevano di incontrarlo per un nuovo faccia a faccia, sono stati “ricevuti” dalla celere posta a presidio davanti all’ingresso del palazzo municipale. Botte, spintoni e randellate! Dallo scontro non sono usciti malconci solo i lavoratori. La rabbia e l’esasperazione hanno avuto la meglio. I manifestanti, decisi a non abbandonare il piazzale antistante il Comune, si sono trasferiti sulla vicina corso Umberto per bloccare il traffico. Intanto alcuni di loro salivano sul tetto del municipio.
Create negli anni Novanta dal vecchio sindaco Giacomo Mancini per dare una possibilità di reinserimento sociale ad ex detenuti e famiglie svantaggiate, le cooperative comunali sono formate da 500 persone di cui circa 250 impiegate nelle pulizie in uffici, teatri, interventi da elettricisti, imbianchini, servizi meccanizzati, fogne, falegnameria e manutenzione. Non soltanto la cura del verde urbano, quindi! Sono diversi i politici cosentini che, sotto ricatto occupazionale, costringono questi lavoratori a prestazioni schiavistiche. Negli anni Novanta, Mancini le aveva istituite per prevenire microcriminalità e degrado. Evidentemente la pensa diversamente l’attuale giunta di centrodestra.
I guai per le cooperative sono iniziati nell’ottobre scorso, quando la famigerata procura di Cosenza ha aperto un fascicolo per presunte infiltrazioni criminali: un paradosso, un’inchiesta surreale, se si pensa che queste strutture sono nate proprio per consentire a soggetti in difficoltà di uscire dalla dimensione della dimensione illegale.
Così, spinta dall’ossessione legalitaria, da un giorno all’altro l’attuale amministrazione comunale ha deciso di procedere con il rinnovo degli incarichi mediante bando pubblico, pretendendo che le cooperative presentino fideiussioni, coperture assicurative salate e, incredibile ma vero, certificato antimafia! Di qui la protesta.
Nel gennaio scorso i dipendenti hanno lavorato senza stipendio, perché non sarebbe pervenuta in tempo la comunicazione relativa all’indizione del bando. Il Comune pretende inoltre di conoscere l’elenco degli operatori svantaggiati, in palese violazione della normativa sulla privacy. Prima che esplodesse la vertenza, questi lavoratori percepivano al netto 620 euro al mese. Con il nuovo contratto, se anche vincessero la gara, ad ogni socio spetterebbero meno di 500 euro mensili. Non solo voglia di “pulizia”, dunque, nelle stanze dell’amministrazione cittadina, ma anche volontà di tagliare la spesa. Eppure, stando alle dichiarazioni dei presidenti, i servizi elettorali, se svolti dalle cooperative, costano 20mila euro. Affidandoli ai privati, salgono a 85mila. Il massimo del risultato col minimo dello sforzo: nell’estate scorsa, 24 dipendenti sono stati impiegati, mediante borsa lavoro, dalla società che gestisce lo smaltimento dei rifiuti. Hanno dovuto girare nei quartieri per introdurre la raccolta differenziata. Ma i risultati tardano a venire. Cosenza non è stata travolta dalla recente crisi regionale dei rifiuti, solo in virtù del fatto che spende milioni del proprio bilancio per interrare tutto in discarica. Ma di metodologie civili, sinora, neanche l’ombra.
Da quando, venti mesi fa, è iniziato il suo mandato, questo è il primo vero scivolone politico per il sindaco Mario Occhiuto che pure aveva dimostrato sinora disponibilità al dialogo ed apertura nei confronti di certe istanze sociali. Prevale forse in lui la volontà di ricercare soluzioni improntate all’ultralegalità, ed al mito della privatizzazione dei servizi essenziali, che già hanno ispirato la precedente giunta di centro sinistra, responsabile della chiusura di importanti strutture pubbliche come la Città dei Ragazzi.
Nel pomeriggio, dal primo cittadino è giunto un segnale di distensione: “La procedura di gara che abbiamo avviato – ricorda il Sindaco – conterrà da un lato la clausola di salvaguardia per i dipendenti già impiegati nelle Cooperative che potranno così conservare l’attuale posto di lavoro, dall’altro consentirà di regolarizzarne i contratti. Inoltre, il Piano Salva Comuni al quale abbiamo richiesto di aderire, ci consentirà di scongiurare la procedura di dissesto riferito agli anni precedenti il 2010, dissesto già in atto presso la Corte dei Conti regionale che, se dichiarato, ci condurrebbe alla messa in mobilità di gran parte del personale e alla chiusura delle Cooperative sociali”.
In realtà le cooperative, e la loro storia, rientrano in una dimensione più complessa, quella del welfare locale. Nell’intenzione di chi le concepì, dovevano e potevano rappresentare il primo stadio verso un ragionamento sul reddito di cittadinanza da erogare, su base municipale, tra quanti si prendono cura del territorio: una vicenda che non può essere trattata né mediante fredde gare d’appalto ad uso e consumo dei professionisti della progettazione, né all’interno di aule giudiziarie. Tantomeno attraverso i calcoli freddi di qualche assessorino esaltato dall’ideologia neoliberista delle nuove destre. |